Fino al 1920 l’attraversamento del fiume era qui assicurato solo da una precaria passerella di legno per l’accesso ai sottostanti mulini ad acqua. Le greggi di pecore e le mandrie di altri quadrupedi attraversavano il fiume più a valle, dietro la chiesa, al guado del “Vo’ di Selvazan”, dove l’acqua è più bassa. Rimossa la passerella, nel primo dopoguerra fu costruito un nuovo ponte, sempre in legno, sostituito nel 1949 da quello attuale in cemento armato, la cui base e stata rinforzata più volte negli ultimi decenni. A valle s’apre un ampio “slargo” nel Bacchiglione – circa 120 metri contro una sezione media di 40 – uno specchio d’acqua generato dall’incessante attività molitoria, documentata in questo sito sin dall’alto medioevo e cessata nel 1914. Nel novembre 1971 il fondale ha restituito due grandi scafi lignei (monoxili) della lunghezza di 16 e 12 metri (oggi esposti nel Museo del Bacchiglione al castello di San Martino), datati alla fine del secolo VIII, che formavano la zattera galleggiante (sandoni) su cui erano montati i mulini idraulici.
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